6 - LA PRATICA DELLA SAGGEZZA - Diventiamo consapevoli di come funzioniamo Alleniamoci a diventare padroni delle nostre scelte

6 - LA PRATICA DELLA SAGGEZZA

Diventiamo consapevoli di come funzioniamo
Alleniamoci a diventare padroni delle nostre scelte

La pratica delle Qualità che abbiamo fin qui trattato (Generosità, Moralità, Pazienza, Sforzo Entusiastico, Concentrazione) è in funzione della pratica della Saggezza.

Il nostro obiettivo principale è sviluppare Saggezza.

Le altre Qualità ci consentono di sviluppare la Saggezza.

Che cosa intendiamo per Saggezza?

Per Saggezza intendiamo il “vedere” le cose per ciò che sono, essere coerenti con la realtà, che trova al suo opposto Ignoranza, che non ci permette di vedere le cose come sono.

Di solito noi abbiamo una aspettativa di come le cose devono essere, poi abbiamo una esperienza diretta di come le cose sono.

Per esempio possiamo affermare: “domani farò questo”, “tra 2 anni farò questa cosa”, oppure “tra un mese sarò lì” …

Spesso succede che, dopo aver idealizzato un progetto, una aspettativa, quando ci troviamo a vivere “quella situazione” nella realtà, non coincide con quello che avevamo “programmato” che fosse.

In quel momento se noi accettiamo quello che abbiamo davanti possiamo proseguire, possiamo andare avanti, se invece non accettiamo l'esperienza vissuta nel momento presente, andiamo in conflitto con “quella situazione” e la viviamo con sofferenza, perché per noi non è giusta, diciamo che quello che c'è non va bene.

Un altro esempio è quello dell'Impermanenza, la costante trasformazione delle cose.
A noi i fenomeni appaiono come se fossero permanenti.

Se incontriamo una persona oggi e la incontriamo di nuovo domani, ci aspettiamo di incontrare la stessa persona, ma la persona cambia, come tutto cambia anche quella persona cambia.

I fenomeni appaiono a noi come se fossero permanenti, e noi, pur sapendo che in realtà sono impermanenti, ci cadiamo.
Quando la nostra esperienza diretta ci dimostra che “quella situazione” è diversa da come ce la aspettavamo, ce la prendiamo con la cosa che è "cambiata", o con qualcuno che consideriamo il colpevole del cambiamento della cosa, non ammettiamo che siamo noi a non esserci ricordati che tutto cambia, e che quindi la “cosa” sarebbe comunque cambiata.

Per Saggezza in questo contesto si intende quindi la consapevolezza della costante trasformazione.

Un altro importante esempio di Saggezza è che ognuno di noi vive all'interno di un paradigma, di un sistema di riferimento: noi percepiamo il mondo tramite i nostri occhi, ogni volta che vediamo qualcosa, che sentiamo qualcosa, che sperimentiamo una realtà, viviamo un momento, quello che vediamo è un riflesso di tutto quello che abbiamo vissuto fino a questo momento, delle esperienze avute, della cultura in cui siamo cresciuti, e così via.
 
Noi viviamo e percepiamo il mondo tramite noi stessi.

Quindi quando vediamo qualcuno o qualcosa, noi vediamo quel qualcuno o quel qualcosa come un riflesso di noi stessi, una parte di noi, perché il modo in cui vediamo quella cosa esiste in funzione di chi siamo, di come siamo.

Possiamo affermare che quando vediamo qualcuno o qualcosa stiamo vedendo in parte anche noi stessi.

Quando vediamo qualcosa, ad esempio un mazzo di fiori, come li vediamo? Li vediamo come qualcosa che esiste indipendentemente da noi, oppure come qualcosa che esiste tramite un valore che andiamo ad attribuire all'interno di una nostra percezione?
In altre parole riusciamo a percepire che quando vediamo i fiori, i fiori riflettono anche noi? o no?

Quando vediamo una persona siamo consapevoli che tramite quella persona stiamo anche vedendo noi stessi? Che abbiamo la possibilità di vedere degli aspetti di noi stessi? o no?

Spesso NO.

Possiamo affermare che ogni volta che vediamo qualcosa o qualcuno, vediamo un insieme di parti a cui andiamo ad attribuire un significato, crediamo perà che il significato che andiamo ad attribuire sia qualcosa che viene direttamente e completamente da "fuori a noi" e del quale noi siamo la “vittima” per così dire, di cui non facciamo parte.

Non siamo spesso consapevoli che in qualche modo stiamo contribuendo per gran parte a creare quello che viviamo.

Una persona è una persona e io sono un'altra persona, non vogliamo affermare che è tutta una illusione e che ognuno va a creare quello che vuole: le parole che ognuno dice, le azioni che si compiono, esistono, quello che intendiamo dire è che ognuno però le percepisce tramite sé stesso.

La componente della nostra percezione nella visione della “realtà” è fortissima, è determinante.

Il primo passo è essere consapevoli che viviamo all'interno di un paradigma.

Non stiamo dicendo che bisogna uscire dal paradigma, stiamo sottolineando l'importanza di essere consapevoli che la nostra vita è condizionata dal nostro paradigma, dal nostro “sistema di riferimento”, di essere consapevoli che la nostra percezione della realtà è il riflesso di quello che noi siamo.

Vivere con questa consapevolezza è importantissimo.

Ci rendiamo così conto che i fenomeni non hanno una esistenza completamente propria, autonoma.

Non vogliamo affermare che tutto esista in funzione di noi, che se noi ce ne andiamo da una stanza le persone e le cose che si trovano nella stanza non esistono più perché non le vediamo più, non è questo il concetto. Spesso cerchiamo di semplificare troppo le cose e possiamo creare dei fraintendimenti.

Il concetto è: “quando ti vedo tu esisti per me tramite la mia percezione, e non sono capace di percepirti diversamente, non sono capace di percepire te indipendentemente da me stesso”.

Questo lo possiamo vedere anche a livelli più grossolani: quando giudichiamo qualcuno, o vogliamo dare un consiglio a qualcuno, lo facciamo molto spesso come se l'altro fosse uguale a noi. In realtà questo non funziona, perché l'altro non la pensa nello stesso nostro modo.

Noi ci comportiamo così perché in quel momento per noi quella persona è un riflesso di noi stessi, noi vediamo tutto tramite noi, però spesso non siamo consapevoli di questo.
Non siamo consapevoli che percepiamo la realtà tramite noi stessi, crediamo che il nostro modo di percepire la realtà sia LA REALTA', quindi se qualcuno la vede diversamente è sbagliato, e la cosa più assurda è che quando noi abbiamo una esperienza, tramite in nostri sensi, che non è coerente al valore che noi stessi abbiamo attribuito, crediamo che l'esperienza sia sbagliata.

Mi creo una idea del futuro e non è come volevo, mi sono fatto una immagine di te e tu non sei come io immaginavo, la colpa è tua ..

Uno dei punti importanti quando si parla della Saggezza è ricordare il potere dell'Osservatore, ricordare che viviamo tramite una immagine che noi assegniamo al mondo in cui viviamo, noi viviamo tramite noi stessi, noi viviamo all'interno di un paradigma, noi abbiamo una nostra visione del mondo e viviamo in questa, e non possiamo fare altrimenti.

L'Unica Realtà Assoluta è la non esistenza di una Realtà Assoluta.

Tutto esiste in un modo relativo, questo vuol dire che ogni cosa costantemente è in relazione, tutto si relaziona uno con l'altro.

La realtà interna e la realtà esterna sono interdipendenti.

Come ad esempio il “qui” e il “lì”:
se mettiamo due sedie una di fronte all'altra e ci mettiamo seduti su una sedia, la sedia dove siamo seduti è “questa” sedia e l'altra è “quella” sedia;
se mi alzo da “questa” sedia e mi siedo in “quella” sedia”, quella che era “quella” sedia diventa “questa” sedia, quella che era “questa” sedia diventa “quella” sedia.

Il questo e il quello esistono in dipendenza uno dell'altro, senza l'uno non esiste l'altro.
Tante cose esistono palesemente in dipendenza l'uno dell'altra. Similmente la realtà interna e la realtà esterna esistono in dipendenza una dell'altra.

Ad esempio se vediamo una bottiglia, riusciamo a percepirla indipendentemente da noi stessi? No, per uno è bella, per uno è brutta, per uno è grande, per uno è piccola, ecc. Per cui la bottiglia come la vediamo non esiste per noi indipendentemente da noi stessi.
L'oggetto bottiglia così come lo percepiamo non esiste indipendentemente da come noi lo percepiamo, dal valore che gli attribuiamo.
La mente che percepisce la bottiglia (la parte di “relatività”) esiste indipendentemente dalla esistenza della bottiglia? Potrebbe la mente dire che vede la bottiglia se la bottiglia non ci fosse?
Affinché ci sia una mente che percepisce la bottiglia ci deve essere la bottiglia; affinché ci sia la bottiglia ci deve essere la mente che la percepisce. La mente che percepisce e la bottiglia sono interdipendenti: uno dipende dall'altro.
Che cosa succederebbe se non ci fosse la mente che percepisce la bottiglia? La bottiglia andrebbe a sparire? No, sarebbe un'”altra cosa”, sarebbe un insieme di parti, non una bottiglia.

Ad esempio se andiamo in una tribù “primitiva” e portiamo una sedia, in un luogo dove nessuno ha mai visto una sedia, potrebbe succedere che passino anni e che nessuno si sieda, perché per chi la guarda la sedia non esiste, quella non è “una sedia” ma un insieme di legno, un insieme di parti con una forma, a cui si possono dare diverse funzioni o significati, non esiste però la “sedia”, per noi che sappiamo cosa è una sedia lì c'è una sedia, per loro no, per loro c'è un'altra cosa.
La sedia non esiste senza la mente che percepisce la “sedia”, che percepisce un oggetto di nome “sedia”, che ha una funzione di “sedia”.
Ma per esistere la mente che percepisce la sedia ha bisogno della “sedia”, ha bisogno che esista quell'insieme di parti a cui diamo il nome “sedia”.

La questione su cui portare la nostra attenzione consiste nella interpretazione di quello che ci appare, del valore che andiamo ad attribuire, che può essere coerente o incoerente con quello che ci appare.

Noi viviamo in una realtà interdipendente, ad esempio ogni cosa che ascoltiamo in realtà non è altro che un insieme di suoni che arrivano al nostro udito, ai quali andiamo ad attribuire un significato.
Quando pensiamo a questo è molto interessante, se ci osserviamo mentre stiamo parlando e vediamo che quello che arriva a ognuno di noi non sono altro che suoni, a cui noi attribuiamo un significato.

La nostra percezione è molto meno cognitiva di quello che crediamo, spesso viene data molta più attenzione, più importanza al modo (ad esempio al tono) in cui viene detta una cosa che alle parole che vengono dette.
Ha molta più forza l'intenzione e il modo in cui vengono dette le cose, rispetto alle parole che utilizziamo e che ascoltiamo. Questo perché in realtà noi emettiamo ed ascoltiamo dei suoni, a cui poi viene dato un significato sulla base delle nostre esperienze e conoscenze.

Noi non possiamo vivere e percepire nulla indipendentemente da noi stessi.

Quando cambiamo noi stessi cambiamo anche il mondo che ci circonda.

Questo sia per quanto riguarda il “bene”, che per quanto riguarda il “male”.

QUANDO CAMBIAMO NOI STESSI CAMBIAMO ANCHE IL MONDO CHE CI CIRCONDA.

Questa è una affermazione e una costatazione molto potente.

L'ignoranza è la causa fondamentale della sofferenza.

Abbiamo già fatto cenno all'ignoranza di non vedere l'interdipendenza dei fenomeni, ma la causa principale della sofferenza è l'ignoranza di vedere le “cose” in un modo “sbagliato”, vedere i fenomeni che appaiono a noi in un modo diverso da come sono.

La realtà appare a noi come se fosse solida, indipendente, autonoma, quando in “realtà” non è così.

L'ignoranza è rappresentata dal fatto che la realtà appare in un modo incoerente.
Dobbiamo prima di tutto essere consapevoli di questo processo: le “cose” appaiono a noi in un modo diverso da come sono (indipendentemente da noi); appaiono come se fossero autonome, dobbiamo essere consapevoli che così non è.
Questo è un enorme passo, è importantissimo per noi ricordare questo.

Il nostro percorso per poter effettivamente sviluppare la Saggezza è quindi essere consapevoli che le “cose” non sono così come appaiono (come se avessero una esistenza propria). E' basilare arrivare ad avere la consapevolezza dell'interdipendenza della realtà in cui viviamo.

Perché l'ignoranza è la causa della sofferenza?

Cosa c'entra la rabbia (o l'invidia, o l'attaccamento) con l'ignoranza?

Cerchiamo di capire il meccanismo con cui funzioniamo, in realtà abbastanza semplice.

Quando entriamo in contatto con un “oggetto”, il contatto avviene tramite l'unione di:

1 - oggetto sensoriale
2 - potere sensoriale
3 - coscienza sensoriale

Ad esempio:

- 1 - la forma, 2 - la vista (gli occhi), 3 - la coscienza visiva
- 1 - il suono, 2 - l'udito, 3 - la coscienza uditiva
- 1 - un ricordo (una immagine mentale), 2 - la mente (il cervello che percepisce quella immagine mentale), 3 - la coscienza mentale (la parte della mente che percepisce quella memoria, quella idea, quel concetto ..)

Quando sono presenti tutti e 3 (oggetto, potere e coscienza) avviene un “contatto”.

Se non sono presenti tutti e 3 il “contatto” non avviene:

- non vediamo se gli occhi sono aperti, la coscienza visiva esiste, ma è tutto buio (manca la forma)
- non vediamo se gli occhi sono chiusi, la coscienza visiva esiste, l'immagine appare
- non vediamo se gli occhi sono aperti, il contatto con la coscienza visiva non c'è (es. per un motivo neurologico), l'immagine appare

Ad esempio quando siamo anestetizzati, la pelle c'è, il contatto con la pelle c'è, però non è attiva la coscienza tattile, quindi non sentiamo il dolore, non sentiamo il tocco.

Perché ci sia la percezione di qualunque cosa bisogna che siano “attive” queste 3 componenti del “contatto”.

Ogni volta che sperimentiamo un contatto sorge inevitabilmente una sensazione.
Con la sensazione sorge anche un discernimento, andiamo ad attribuire un significato a quella “cosa”, che cosa è per noi quella “cosa”.
Si va a creare una nuova sensazione o si va a modificare una sensazione già presente.

La sensazione è creata dalla “somma” del contatto, più il discernimento (il valore che andiamo ad attribuire).
In effetti anche senza il discernimento ci può essere una sensazione.

La sensazione può essere di uno dei seguenti tipi:

A - positiva (piacevole);
B - negativa (spiacevole, di sofferenza);
C - neutra (indifferente).

Possiamo nello stesso tempo avere sensazioni diverse con sensi diversi, ad esempio vedere una cosa bella (sensazione piacevole) e ascoltare un suono sgradevole (sensazione spiacevole).

Quando noi abbiamo una sensazione quale è il meccanismo?

Sviluppiamo un sentimento che possiamo chiamare brama, un tipo di desiderio che può essere quello di non soffrire o di essere felice.
Vogliamo che la sensazione di piacere continui e che quella spiacevole finisca.

Alla base c'è attrazione verso ciò che è piacevole,
avversione verso ciò che è spiacevole,
indifferenza verso ciò che è neutro.

Automaticamente colleghiamo la sensazione con un oggetto, ad esempio: ho visto una cosa e ho provato piacere, ho ascoltato qualcosa e ho provato sofferenza.

Quando ci troviamo davanti a questo “oggetto” gli attribuiamo questa “facoltà”, mentre in realtà l'oggetto è solo un terzo delle 3 parti (oggetto, potere sensoriale, coscienza sensoriale) di cui si compone il contatto, ognuna delle quali ha lo stesso peso.

Se ad esempio mi brucio un dito, la mia percezione del calore cambia, se tocco qualcosa posso avere la percezione che scotta, ma non perché quella cosa è troppo calda, la sento così soprattutto per la attuale sensibilità nei confronti del calore (potere sensoriale).

Noi di solito diamo la “responsabilità” della sensazione all'oggetto, per noi l'oggetto è la causa del piacere o della sofferenza (o più raramente causa di neutralità), pensando che questo valore sia autonomo, indipendentemente dal valore che diamo noi a quell'oggetto.

Se stiamo bene pensiamo che una “cosa” ci fa stare bene, pensiamo quindi di aver bisogno di quell'oggetto, scatta di conseguenza attrazione, desiderio, attaccamento nei confronti di quella “cosa”.

Se stiamo male pensiamo che una “cosa” ci fa stare male, dobbiamo quindi allontanare quell'oggetto, scatta di conseguenza avversione, rabbia, odio, rancore, aggressività nei confronti di quella “cosa”.

Se fossimo consapevoli che in realtà vediamo quelle “cose” in base al valore che gli attribuiamo, (che il valore che diamo a quell'oggetto in realtà non esiste indipendentemente da noi), il rapporto cambierebbe, non andremo più a cercare di ottenerle o a cercare di allontanarle (perché la sensazione percepita non dipende solo dall'oggetto).

Il meccanismo nel quale noi viviamo è che crediamo che un oggetto abbia un valore di significato autonomo, indipendente, oggettivo, per cui cerchiamo di ottenerlo (se è un oggetto di piacere) o di allontanarlo (se è un oggetto di sofferenza). Da questa attrazione o avversione nascono rabbia, gelosia, invidia, arroganza, paura, ecc.

Dov'è la radice di tutto quello che proviamo (rabbia, gelosia, invidia, ecc.) in questo caso? Dall'attrazione e dall'avversione, che nascono dal fatto che non percepiamo l'interdipendenza, che percepiamo gli oggetti come se avessero una esistenza propria, indipendente.
Questa è la nostra ignoranza.

Quando riusciremo a sviluppare che la Saggezza è lo stato non concettuale (però profondo) che percepisce i fenomeni come non costituiti da una esistenza propria, intrinseca, in quanto interdipendente, andremo a tagliare dalla radice la causa fondamentale della nostra sofferenza.

Nel frattempo mettiamo la nostra attenzione sull'essere consapevoli che viviamo all'interno di un paradigma, che vediamo il mondo all'interno di una nostra percezione, che non è necessariamente giusta o sbagliata, semplicemente è la nostra percezione, che può anche essere cambiata.
Nel momento in cui cambio la lente che uso per vedere le cose, nel momento in cui cambio gli occhiali, cambio prospettiva, cambio il modo di vedere il mondo.

La stessa cosa vista da posizioni diverse (da dentro, da fuori, da sopra, da sotto, da davanti, da dietro ..) cambia completamente.

Si dice che la realtà è come un elefante percepito da persone cieche, ognuno tocca una parte diversa dell'elefante e lo va a descrivere come un oggetto completamente diverso: uno tocca la coda e dice che l'elefante è magro con un po' di pelo; un altro tocca la zampa e dice che è robusto e tondo; l'altro tocca una zanna e dice altro ..
Il fatto è che noi ci troviamo su una parte e pensiamo che sia il tutto, che sia tutto così.

In ogni cosa, in ogni oggetto, in ogni momento, in ogni situazione, in ogni persona, in ogni fenomeno, esistono nello stesso momento innumerevoli possibilità.

Prendiamo di nuovo ad esempio una bottiglia, quante possibilità esistono in questo oggetto?
Quanti modi diversi di percepirlo possono esistere, che possono essere realmente attribuiti all'oggetto?
Quante sono le funzioni caratteristiche diverse che possono essere attribuite allo stesso oggetto?
innumerevoli (incontabili), l'oggetto è in grado di svolgerle tutte.

Noi generalmente scegliamo una tra queste innumerevoli possibilità, però crediamo che la nostra scelta sia l'unica possibile.

Oppure crediamo che la nostra scelta sia la realtà indipendentemente da noi, non siamo neanche consapevoli che la nostra scelta sia una scelta, ma qualcosa che ci venga imposto.

In ogni momento quello che vediamo è in funzione di una scelta che facciamo di una delle innumerevoli possibilità che ci sono in ogni cosa.

Ricordiamo che noi siamo in grado di percepire qualunque cosa nella totalità delle sue possibilità, inevitabilmente andremo a scegliere una tra le innumerevoli possibilità, dobbiamo però ricordare che è una delle innumerevoli possibilità.

Quale è la differenza tra un oggetto di rabbia e un oggetto di compassione?
Il valore che viene da noi attribuito.

La stessa persona fa le stesse cose, dice le stesse cose, posso pensare (e/o dire) “bastardo, come ti sei permesso? ..” (rabbia/avversione) oppure posso pensare (e/o dire) “come mi dispiace per la tua ignoranza, facendo così fai del male a te e agli altri, desidero profondamente che tu ti liberi da questa difficoltà e che possa finalmente star meglio ..” (compassione).

In ogni situazione, per ogni oggetto di percezione dei nostri sensi (mente compresa), noi percepiamo una delle innumerevoli possibilità, siamo noi a scegliere quella possibilità. Non possiamo fare altrimenti nel punto in cui ci troviamo adesso.

Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di vedere le cose in tutte le loro possibilità.

Dato che però in questo momento vediamo la realtà tramite la scelta di una possibilità, tra le innumerevoli che ci sono, come minimo dovremmo sviluppare la consapevolezza che la scelta, che la possibilità che io vedo, che scelgo, è solo una possibilità che scelgo, che non è l'unica.

Il punto non è capire quale è la scelta giusta e quale è quella sbagliata, ci sono innumerevoli possibilità e sono tutte giuste, la domanda è: “quale è quella che mi conviene di più?”

Quando faccio una scelta vado a relazionarmi tramite quella scelta, quello mi porta ad agire con corpo, con parola, con mente, a vivere quella realtà in un certo modo.

Il punto è: “Quale è quella scelta che mi conviene di più per vivere in una interdipendenza positiva?”

A seconda del valore che attribuisco vado a generare attrazione, avversione, indifferenza.
A seconda del valore che attribuisco vado a scegliere il modo di agire dinanzi a quella “situazione”.
Posso vedere una persona come un nemico da combattere, oppure posso vederla come una persona che ha bisogno di aiuto, posso vederla come una persona che ha una attitudine che non mi fa bene ed è meglio tenerla a distanza.

Il modo di relazionarmi cambia secondo il modo che io vedo.

Se per me è un nemico lo devo eliminare, se vedo che mi fa male (ma ho una certa neutralità) posso creare una certa distanza, se è una situazione in cui vado a sviluppare compassione voglio aiutare la persona perché ha bisogno di aiuto.

Questi sono solo 3 esempi in una innumerevole combinazione di possibilità.

A seconda di come vediamo quella situazione e di come ci relazioniamo con essa, cambia il nostro modo di agire, di relazionarci con il mondo.

Cerchiamo di essere consapevoli di percepire il mondo tramite noi stessi.

Cerchiamo di essere consapevoli che noi scegliamo una tra innumerevoli possibilità di percepire il mondo in ogni cosa e in ogni momento.

In ogni momento facciamo una scelta, spesso la scelta è inconsapevole, la scelta che facciamo spesso (quasi sempre) è il risultato delle esperienze vissute, dell'educazione che abbiamo ricevuto, di tutto quello che abbiamo accumulato.

Facciamo scelte inconsapevoli, ma sono comunque una scelta, una scelta tra tante possibilità, che sono altrettanto valide, quanto la scelta che stiamo facendo.

Il fatto di non sapere di essere ignoranti fa sì che si continui ad esserlo.

Il sapere di essere ignoranti è il primo passo per poter non esserlo più.

Il processo di sofferenza nasce spesso dalla nostra reazione automatica alle “situazioni” con cui ci relazioniamo, come se avessero esistenza propria, nasce dalle etichette che “automaticamente” andiamo ad attaccare: questo è positivo .. questo è negativo .. questo è indifferente.

Poniamoci come obiettivo di renderci conto, di essere consapevoli, di vivere all'interno di un paradigma, di un sistema di riferimento, di un modello sociale e comportamentale.

Noi viviamo il mondo tramite un valore che attribuiamo, viviamo ogni situazione tramite una possibilità che scegliamo in modo non consapevole.
Però abbiamo la facoltà di scegliere anche un'altra possibilità.

VIVIAMO OGNI SITUAZIONE TRAMITE UNA POSSIBILITÀ CHE SCEGLIAMO IN MODO NON CONSAPEVOLE

Uno dei punti più importanti riguardo la Saggezza è ricordare che, dal momento nel quale sono consapevole che quell'attitudine non è che una scelta, devo innanzitutto credere nel mio potenziale, nella mia capacità di scelta.

Dobbiamo ricordare che noi non siamo una vittima dell'Universo, o di chissà chi, noi siamo i protagonisti della nostra Vita, siamo noi stessi a crearci inferni e paradisi; questo non toglie il fatto che se qualcuno agisce in modo violento contro di noi non sia responsabile di aver eseguito quella azione, non stiamo affermando questo.

Non stiamo parlando di colpa, non c'è l'aspetto della colpa, stiamo focalizzando la nostra attenzione sul fatto che abbiamo nelle nostre mani una capacità incredibile di cambiare la realtà in cui noi viviamo.

ABBIAMO NELLE NOSTRE MANI UNA CAPACITA' “INCREDIBILE” DI CAMBIARE LA REALTA' IN CUI NOI VIVIAMO

Usiamo questa nostra capacità continuamente, la questione è che lo facciamo inconsapevolmente, possiamo cominciare a farlo consapevolmente. Se cambia il nostro punto di vista cambia la nostra realtà, costantemente.

SE CAMBIA IL NOSTRO PUNTO DI VISTA .. CAMBIA LA NOSTRA REALTA'

Un oggetto di desiderio, se cambia qualcosa non è più un oggetto di desiderio, un oggetto di avversione, se cambia il modo di vederlo non è più un oggetto di avversione.

Dal momento in cui siamo consapevoli di questo possiamo scegliere, abbiamo la possibilità di indurci a percepire in un modo piuttosto che in un altro.

La partenza di essere consapevoli di avere questa libertà nelle nostre mani è importante, è importante quanto difficile.

E' difficile perché all'inizio, quando cominciamo ad osservare questa nostra libertà, possiamo avere la sensazione che ci stiamo prendendo in giro: “ti pare che adesso davvero posso scegliere di vedere diversamente? Davvero posso scegliere di vedere quello che voglio?”

In realtà non dobbiamo forzarci a vedere le cose diversamente, solo capire che noi abbiamo fatto una scelta, ma ce ne sono tante altre, che sono valide tanto quanto quella che abbiamo fatto.
La questione non è che una è più giusta o più sbagliata dell'altra.

Dipende dal valore che noi scegliamo.
Dipende dal valore che noi attribuiamo a quella “cosa”.
Dipende dalla possibilità a cui vogliamo dare vita.
Una scelta è tanto valida quanto un'altra.

Il mondo non è una realtà oggettiva. Viviamo in una realtà soggettiva.

La Saggezza è realizzare la soggettività della realtà soggettiva.

La Saggezza è non vedere la realtà soggettiva come se fosse oggettiva.

L'unica realtà oggettiva è che la realtà soggettiva è soggettiva.

E' importante per noi ricordare questo costantemente, ricordare che noi abbiamo il potere di scegliere, possiamo dare questo potere a noi stessi, darci il potere di liberare la possibilità di scelta.

Scegliendo inconsapevolmente, dando la nostra libertà di scelta al nostro paradigma, al nostro “sistema di riferimento”, in effetti ci togliamo la libertà, crediamo di essere un “risultato” del mondo che ci circonda.

Siamo schiavi di noi stessi, viviamo in una prigione che noi stessi ci creiamo.

Siamo schiavi di noi stessi, viviamo in una prigione che noi stessi ci creiamo.

Con questo non intendiamo dire che è tutta una illusione e che nulla esiste, la realtà esterna esiste (questo scritto esiste, voi che leggete esistete), però la realtà esterna come la percepiamo non esiste indipendentemente da noi, e la nostra realtà interna non esiste indipendentemente dalla realtà esterna. Sono complementari, l'una è in funzione dell'altra.

Anche (e soprattutto) per la Saggezza, per questa importante qualità, ricordiamo che è importante non avere fretta, è importante procedere passo dopo passo, con il tempo che richiede: è un argomento molto complesso in tutti gli aspetti, che va affrontato, va vissuto, e gradualmente va portato nella pratica quotidiana, in funzione del livello in cui siamo ora. Senza fretta, senza ansia.  
Ricordando che per quanto complesso è possibile per noi metterlo in pratica, evitando di cadere nella trappola “è troppo difficile per me”.

Anche (e soprattutto) per la Saggezza, vale quello che abbiamo affermato per tutte e 6 le Qualità (Generosità. Moralità, Pazienza, Sforzo Entusiastico, Concentrazione, Saggezza).

Se vogliamo migliorare le 6 Qualità, farle evolvere, tendendo verso la perfezione, dobbiamo coltivarle, senza fretta ma con costanza.

Scegliamo almeno un giorno alla settimana, ad esempio il sabato, e facciamolo diventare il “Giorno della Saggezza”.

In quel giorno della settimana facciamo particolarmente Attenzione alle nostre scelte, alla nostra possibilità di scelta in ogni momento, allenandoci per questo, spingendoci cioè fino al punto in cui sentiamo che la situazione non è più confortevole come ci piacerebbe che fosse, però è comunque possibile sostenerla, in modo che gradualmente quella diventi la nostra nuova zona di comfort, da cui potremo poi espanderci ancora un po' di più, e poi dopo ancora un po' di più, e così via.

Solo con i piccoli passi possiamo raggiungere distanze che non possiamo neanche immaginare.

Portiamo la pratica (non solo la conoscenza) delle nostre Qualità nella nostra quotidianità.

Quando pratichiamo le nostre Qualità per migliorarle stiamo trasformando i momenti ordinari della nostra vita in Momenti Straordinari. 


 


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